Era il 15 aprile del 1452 (secondo il calendario Gregoriano) data in cui nasceva ad Anchiano, frazione di Vinci, Leonardo da ser Piero, uno, se non l’unico, grande genio dell’umanità. E’ ritenuto ancora oggi, dopo ben 566 anni, un talento universale non solo nel periodo del Rinascimento, ma anche nei periodi successivi grazie alla passione e alla meticolosità che ci mise nei suoi studi. Studi che toccarono diversi campi dell’arte, dell’ingegneria e della conoscenza tutta. Leonardo si occupò di architettura, scultura, pittura, ma fu anche progettista, disegnatore, scenografo, anatomista, musicista ed inventore. Primogenito del notaio Piero da Vinci, di famiglia modesta, e di Caterina, fu frutto di una relazione illegittima. Già nel 1452, infatti, il padre Piero si era sposato con Albiera di Giovanni Amadori, dalla quale non avrà figli e che morì poco dopo. Ser Piero si risposò altre tre volte: una seconda (1464) con la quindicenne Francesca di ser Giuliano Lanfredini, che pure morì senza progenie; una terza con Margherita di Francesco di Jacopo di Guglielmo (1500), che gli diede ben sei figli; altri sei ne ebbe con il quarto e ultimo matrimonio. Leonardo ebbe così dodici tra fratellastri e sorellastre, tutti molto più giovani di lui.
Dal Verrocchio a Firenze
Dal 1462, a Firenze, il padre Piero avrebbe mostrato all’amico Andrea del Verrocchio, che aveva una bottega nonché fucina di talenti, alcuni disegni che avrebbero convinto il maestro a prendere Leonardo nella sua bottega qualche anno più tardi, forse già nel 1469, iniziando così la sua attività artistica che diventerà, man mano, sempre più prolifica con dei capolavori ancora oggi ritenuti straordinari per lo stile e l’ingegno.
Partenza per Milano
Nel 1482, poco prima che sbocciasse la primavera, Leonardo raggiungeva Milano, città già in quel periodo considerata come la più popolosa e produttiva d’Europa. Il suo trasferimento sembra essere stato voluto da Lorenzo il Magnifico per mantenere attivi i suoi rapporti diplomatici con le signorie italiane. In questo contesto Leonardo ebbe la missione di portare al duca Ludovico il Moro un presente prezioso: oltre all’Atalante Migliorotti, anche una lira, strumento musicale che lo stesso Leonardo suonava in maniera ottimale, realizzata in argento e che vedeva in una sua parte la forma di una testa di cavallo. In questo stesso periodo, Leonardo scrisse la famosa “lettera d’impiego”, accolta con poco entusiasmo, in cui presentava i progetti di ingegneristica, costituiti da apparati militari, da opere idrauliche e di architettura, oltre agli accenni di produzioni pittoriche e scultoree. Tra queste ultime, ecco il progetto di un cavallo in bronzo per deliziare i gusti di Francesco Sforza. Leonardo è affascinato da Milano per la sua vitalità e per le novità scientifiche e tecnologiche che man mano presentava a causa delle vicissitudini nelle campagne militari. Gli affari di Leonardo, intanto, non è che fossero granché anche per il ritardo nei pagamenti di alcune commissioni, ma è certo che dal 1485 era già nella cerchia di Ludovico il Moro, per il quale presentò diversi progetti, dipinse ritratti, realizzò scenografie per gli spettacoli. Per la ritrattistica, invece, ebbe modo di sviluppare gli studi anatomici avviati già a Firenze, interessandosi soprattutto ai legami tra le fisionomie e i “moti dell’animo”, cioè gli aspetti psicologici e le qualità morali che trasparivano puntualmente dalle caratteristiche esteriori. Nei due anni successivi le commissioni si fecero sempre più puntuali.
Il Cavallo di Leonardo
Alla fine degli anni 80 del ‘400, Leonardo iniziò a pensare e progettare un monumento equestre per Francesco Sforza, che si concretizzò a fine luglio del 1489 quando venne richiesto a Lorenzo il Magnifico la richiesta di Ludovico di ottenere la collaborazione di fonditori in bronzo fiorentini. Si trattava di un’impresa colossale, non solo per le dimensioni della statua, che doveva essere fusa in bronzo, ma anche per l’intento di scolpire un cavallo nell’atto di impennarsi e abbattersi sul nemico. L’artista spese mesi interi nello studio dei cavalli, frequentando le scuderie ducali per studiare da vicino l’anatomia di questi animali, soprattutto riguardo al rilassamento e alla tensione dei muscoli durante l’azione. L’impresa poi venne accantonata per riprendere le celebrazioni del matrimonio Sforza-d’Aragona sospese un paio d’anni prima del 1490. Poi, lentamente, portò avanti il progetto del Cavallo che Ludovico il Moro voleva dedicare alla memoria del padre. Il progetto nel 1491, giunse alla fase finale della messa in opera del modello definitivo (in cera e poi in terracotta) che attendeva la successiva fusione a cera persa di una grande quantità di bronzo. Alla fine del 1493 tutto era pronto per la fusione del Cavallo, ma nella Corte Vecchia, sede da anni dell’officina di Leonardo, oggi luogo in cui sorge il Palazzo Reale), giunse una brutta notizia: l’imminente calata di Carlo VIII di Francia in Italia, per la guerra contro il Regno di Napoli degli Aragonesi nel 1494, rese impossibile l’approvvigionamento di bronzo perché utile alla fabbricazione di armi. Ciò vanificò il progetto di Leonardo, il quale fu profondamente deluso e amareggiato anche per i nuovi problemi di natura economica causati dalla mancata commissione. Per le varie vicissitudini che vedeva protagonista il territorio italiano, Leonardo da Firenze torna nuovamente a Milano per volere del governatore francese Charles d’Amboise, che lo sollecitava, fin dal 1506, ad entrare al servizio di Luigi XII di Francia che poco dopo lo richiese personalmente. Leonardo, quindi, rivide Milano dal luglio 1508 fino al 1513, anni nei quali viaggiò fuori porta spesse volte e che, dal 1511, quando morì il suo sostenitore Charles d’Amboise e l’anno seguente scoppiò la nuova guerra della Lega Santa che scacciò i Francesi da Milano, vide il ritorno degli Sforza. Poi via da Milano per Roma e la Francia in cui morì a Clos Lucé, in Amboise, il 2 maggio del 1519.
Oggi il Cavallo di Leonardo all’Ippodromo SNAI San Siro
Il Cavallo di Leonardo è situato dal 1999 all’ingresso dell’Ippodromo SNAI San Siro di Milano. E’ un’attrazione unica, per il suo soggetto, nella città meneghina e in Italia. La statua equestre è considerata la più grande esistente al mondo. È realizzata in bronzo dalla scultrice statunitense Nina Akamu, che per il suo lavoro si è ispirata ai disegni originali di Leonardo da Vinci. L’opera originale era stata concepita nel 1482 su commissione di Ludovico il Moro, duca di Milano, che voleva dedicare la statua alla memoria del padre Francesco. Il Cavallo, però, non vide mai la luce: il Ducato d’Este, infatti, venne invaso dalle truppe francesi e le tonnellate di bronzo destinate al Cavallo furono utilizzate per costruire i cannoni. I francesi vinsero lo stesso e invasero la città costringendo alla fuga sia gli Sforza che lo stesso Leonardo, utilizzando il calco quale bersaglio per arcieri e balestrieri, che lo distrussero completamente. Nel 1977 Charles Dent, un pilota civile statunitense affascinato dalla storia del Cavallo, diede vita alla Leonardo da Vinci’s Horse Foundation (Ldvhf) che attraverso una raccolta fondi riuscì a portare l’opera a compimento, cinquecento anni dopo il progetto originale. La Statua fu donata alla città di Milano, a condizione che venisse esposta in una località in grado di garantire un’adeguata sicurezza all’opera. Tra i vari siti proposti, la Fondazione scelse l’Ippodromo SNAI San Siro di proprietà di Snaitech SpA. Diviso in sette parti, il Cavallo è arrivato nel capoluogo lombardo nell’autunno del 1999. Ma il genio toscano, nella sua fiorente vita artistica, ebbe modo di realizzare un vero e proprio trattato con soggetti i cavalli ed altri animali. Per Leonardo il cavallo non era solo un bellissimo animale, ma incarnava, nei vari periodi storici, un supporto importante nella vita dell’uomo. Nel Rinascimento, in particolare, il cavallo costituì un ruolo unico e fondamentale nella vita di tutti i giorni e Leonardo da Vinci ne colse la bellezza tanto da scriverne un trattato e realizzare diversi schizzi. Il trattato andò perduto, forse durante l’ invasione francese del ducato di Mantova. Gli unici schizzi rimasti fanno parte della biblioteca reale britannica che ne possiede ben seicento.